Rok Mohar: Chernobyl |
Galleria Medusa, Capodistria |
4 maggio 2020 – 28 giugno 2020



Rok Mohar è un artista di talento che nel corso della sua creazione artistica ha saputo mantenere quello zelo e quella passione tipici della giovane età. L'esperienza che ha acquisito collaborando con altri artisti, in vari incontri e progetti, è stata tanto importante quanto gli studi. L’arte per Mohar è uno stile di vita e di pensiero e si ritiene un artista socialmente responsabile, infatti le sue opere attirano l’attenzione su questioni sociali e politiche importanti per l'individuo e per l'umanità, trattate con spirito satirico, narrativo o poetico. Sa trasmettere questi contenuti importanti in modo convincente e con ironia.
È uno scultore innovativo e padroneggia vari materiali, tuttavia preferisce lavorare la pietra e modellare l’argilla. La scelta di questi due materiali è principalmente legata allo spazio dove crea. Sculture in pietra di grande formato sono state create in occasione di simposi scultorei e laboratori all'aperto, mentre in studio realizza sculture di dimensioni più piccole, principalmente in argilla e gesso. Quando crea oggetti di scena e scenografie teatrali utilizza invece materiali meno classici (ad esempio il polistirolo).
Il progetto Chernobyl si riferisce al disastro nucleare di Chernobyl del 1986. Mohar richiama l'attenzione sulle conseguenze tragiche e a lungo termine del disastro che ha colpito l'uomo e la natura, non solo nelle immediate vicinanze della centrale ma in tutta Europa. Attraverso il ricordo del tragico evento l’artista avvia una riflessione sullo stato attuale del mondo civilizzato, sempre più avido, ossessionato dal consumismo e i cui progressi tecnologici possono portare a conseguenze disastrose. Tutto ciò distorce la visione della realtà e allontana l'uomo da ogni responsabilità verso sé stesso, il prossimo e l'ambiente in cui vive.
In mostra sono esposte sculture realizzate negli ultimi cinque anni. Le opere sono prima modellate in argilla e successivamente viene fatto il calco in gesso; sono state create in maniera spontanea, senza una pianificazione consapevole.
Sono quasi duecento le teste e figure umane qui “riunite”. Corpi e volti deformi, grotteschi, innescano in noi sentimenti spiacevoli e cupi ed una sensazione caotica. Le sculture riflettono la lussureggiante immaginazione dell'autore e sono intrise di vari simboli celati: abiti con colletti accentuati rappresentano un regime militare totalitario e il fascino per l'uniforme militare di Napoleone; il tubo di plastica a spirale trovato nell'intestino richiama le maschere protettive utilizzate nella pulizia delle scorie nucleari. Allo stesso tempo, il contenuto leggibile a più livelli è nascosto anche in titoli come Narcissus, Siamese Twins, Liquidator, Plumber, General Nikolai Tarakanov, Balzac… L'elemento centrale e visivamente più forte della mostra è la scultura intitolata I PODn. Si tratta di un abaco di due metri, un computer meccanico con una struttura metallica su cui sono fittamente infilate palline dalla forma di teste umane. I volti senza nome dei bambini con gli occhi chiusi sono bloccati e sfidano la sorte, nella loro cecità si sentono addirittura a loro agio. Dietro le espressioni ironiche, di indifferenza e piacere, tuttavia, c'è una completa impotenza. Simbolicamente l'uomo è solo un numero con cui il destino può giocare ed eliminarlo in un istante.
Il progetto spiega il contenuto della Carta di Chernobyl, una sorta di manifesto dei figli della centrale nucleare di Chernobyl, al fine di sensibilizzare sul pericolo e prestare l’attenzione sul disastro. Sebbene scritto in modo provocatorio e ironico, che ammorbidisce leggermente il peso di un argomento così serio, il manifesto ha una forte efficacia. Fatti e idee realistiche si intrecciano con desideri utopici e aspettative irrealistiche di una società sana e giusta.
La mostra propone anche alcune delle ultime sculture dell’artista, una nuova serie intitolata Atomic Gods. L'atomo è l'elemento base della materia; è quindi creatore, un dio, e la scienza (la fisica, la chimica, la matematica) è universale, l'unica religione accettabile per l'autore. Mohar viaggia attraverso lo spazio e il tempo, discute l'origine dell'universo, la composizione della materia e crea nuove storie al riguardo attraverso l’arte. I suoi dei ricordano la monumentale scultura egizia antica, ciò è dovuto alla sua passione per l’antico Egitto e per i geroglifici.
Tatjana Sirk
L'inaugurazione della mostra era prevista per la metà di marzo 2020. La pandemia mondiale che stiamo affrontando non fa che confermare la rilevanza di questa mostra. Le vittime di Chernobyl hanno assistito a una nuova catastrofe.
La vita è bellezza. Prova fondamentale dell'energia che crea. Per alcuni è un dio, ma per molti è pura astrazione, quindi non esiste. Il fango si trasforma in terra nel momento in cui una pianta ne cresce. Tre teste galleggiano in un brodo rosso. Una ha la bocca chiusa, l'altra le orecchie coperte. La terza ha gli occhi cuciti. L'ignoranza sembra essere una tecnica di sopravvivenza per molti di noi, e allo stesso tempo chiudiamo gli occhi sulla realtà dell'esistenza. Viviamo tra pietre fredde e fango. Non vogliamo ascoltare la verità detta ad alta voce, né vogliamo dirla ad alta voce, soprattutto una volta che ci rendiamo conto che la vita non è altro che la forza opposta al freddo. La vita è una battaglia senza fine. Circondata da un tubo di plastica nera bloccata da acciaio industriale. Così si inquadrano le teste, così si circonda la nostra esistenza: dopo il cordone ombelicale ci nutriamo dell'universo eterno della vita. Fioriamo nei grembi. Quando ci separano dalle nostre madri siamo liberi, recidiamo la nostra connessione con la fonte della vita. Da quel momento in poi la vita è nostra.
La morte ci spinge in avanti. L'ignoranza regna beata quando impariamo a distogliere lo sguardo dall'abisso. Da bambini chiudiamo gli occhi e non ne parliamo, non vogliamo che ci venga ricordata la verità, cioè che la nostra esistenza è essenzialmente una ribellione contro gli elementi morti da cui nasciamo. La nostra paura aumenta la nostra ignoranza, ci affidiamo all’idea della vita eterna, sembra che l'esistenza stessa della vita intorno a noi non sia sufficiente per credere nel nostro potere o in una forza vitale universale traboccante. Questo potere non può essere descritto a parole: lo chiamiamo dio. Lo creiamo secondo la nostra idea di lui, ne scegliamo il nome, il volto, la famiglia, le storie…
La vita eterna è impressa nell'acciaio, compattata, lacerata, avvelenata, bruciata… Ma non cesserà mai di esistere. Non sarà mai bloccata a causa delle nostre invenzioni, nemmeno a causa del cataclisma finale. Chernobyl.
Marco Siebert (Metelkova, giugno 2018)
Dopo essersi diplomato alla High School of Printing and Paper nel 2003 Rok Mohar (Ljubljana, 1979) si è iscritto alla Famul Stuart School of Applied Arts, specializzandosi in scultura. Nel 2006 ha trovato posto all’ atelier AKC Metelkova. Il suo percorso artistico è stato significativamente segnato dall'amicizia con l'artista Marko A. Kovačič, con il quale ancora oggi collabora. Ha partecipato a mostre collettive e ha avuto alcune personali, crea e lavora in vari campi. Ha realizzato oggetti di scena e scenografie per il teatro e il cinema, ha collaborato con il centro di restauro del Dipartimento della Pietra e dello Stucco, ha ritratto eroi dei fumetti, ha partecipato a vari simposi e festival di scultura, tra cui il 3° e 4° Festival Internazionale dello Studente Forma viva (2005 e 2006) a Isola. Ha studiato da scalpellino presso i laboratori di scultura Kornari a Marušići, in Croazia, con il suo mentore, lo scultore e accademico Gail Morris. Nel 2019, con l'aiuto dell'associazione KUD Ampus ha fondato uno studio grafico a Tržič. Vive e lavora tra Lubiana e Tržič.