Vojc Sodnikar Ponis: Pietruzze |
Galleria Herman Pečarič, Pirano |
19 giugno 2021 – 22 agosto 2021



L’arte di Vojc Sodnikar Ponis: Dalla consistenza fisica al riflesso simbolico
Testo critico di Enzo Santese
Una rassegna retrospettiva di Vojc Sodnikar Ponis è un’occasione utile a ripartire dal punto in cui l’artista ci ha lasciato, per indagare sui riverberi che la sua poetica sa trasmettere, riaffermando una presenza che, nella sobrietà e riservatezza del personaggio, trapelava a ogni circostanza in cui fosse richiesto uno sguardo sull’arte contemporanea, la sua funzione e le possibili prospettive: uomo di una cultura, che alimentava la sua profondità nel confronto continuo con la realtà, e di una sensibilità vibratile per ogni manifestazione della natura, fervido sostenitore di un nuovo umanesimo, unico antidoto contro la barbarie della violenza, del profitto spinto alle estreme conseguenze e cultore di una bellezza non fine a se stessa, ma intesa quale complemento necessitante per un’armonica coesistenza con l’ambiente.
Scultore per vocazione istintiva, in anni di febbrile ricerca ha maturato una consapevolezza che gli ha consentito di affidare la riflessione plastica all’immediatezza dello scolpire e dell’individuare l’immagine all’interno del blocco di pietra; la sua poetica è segnata da una stretta fedeltà ai principi creativi ispirati a una purezza ascetica.
L’artista studiava preventivamente la materia nella quale leggeva il presagio dell’opera da realizzare; così organizzava un piano ideativo di profondo nesso tra ritmo e spazio, tra allusione metaforica e animazione formale, tra semplici presenze verticali e segni peculiari che le distinguono. Il bell’equilibrio delle sue opere si attua tra le tensioni minimaliste e lo slancio costruttivo dei volumi, inseriti in precise logiche di figure composte. Pur avendo un rapporto strettissimo con la materia, molte delle sue creazioni sono nate da una spinta interiore di marcata impronta spirituale. Lo testimonia ampiamente il ricordo di un suggestivo evento espositivo di qualche anno fa presso il suo atelier: sette elementi lapidei si ergevano con sviluppo verticale a sottolineare la “magia” di uno spazio dove un cerchio virtuale a pavimento era “tracciato” per allusione dalle facce interne arcuate delle sculture, poste lungo un’intuibile circonferenza. Così l’artista, proteso a smuovere la geometria dalla sua concezione di fissità, produceva nello spazio dell’evento una musicalità e un bilanciamento tra il classico e l’archetipo. Il suo occhio era sempre teso a scoprire l’equilibrio dell’assoluto, da una parte, penetrando nell’infinitamente piccolo e, dall’altra, cogliendo la complessità dell’infinitamente dilatato, in un’azione creativa attenta all’armonia e alla bellezza scaturita dalla semplicità.
L’opera di Vojc Sodnikar Ponis è esemplare nella capacità di racchiudere nelle piccole e medie dimensioni la risonanza simbolica di forme che esprimono una gamma di opzioni interpretative molteplici. Tracce, solchi, incisioni intermittenti o lineari danno il polso di una poetica che mira all’essenziale e, anzi, in tale contesto l’artista trova, quasi per ossimoro, il pregio di una complessità che è sostanzialmente il tratto fondante dell’universo rappreso poi in ognuno dei suoi manufatti. La ricerca di forme primarie (la conchiglia, la spirale, la stele, gli elementi della natura) si realizza attraverso la scelta di un repertorio quanto mai vario eppure riconducibile a una matrice che è la sensibilità stessa dell’artista, proteso a far parlare la materia con il linguaggio di un tempo remoto immesso nella contemporaneità. Le opere scandiscono lo spazio attraverso successioni di superfici grezze e levigate, aggettano e si ritirano esibendo quasi l’effetto di una risacca. Attraverso l’ondularità dei suoi volumi la materia esprime a pieno la musicalità di un movimento, quello del tempo che fluttua nelle fasi evolutive della storia. La tensione dialettica degli opposti risiede nell’alternanza dei pieni e dei vuoti, nelle aperture e nelle verticalità piene, negli avvallamenti e nei rilievi. L’artista in tal modo giunge a esiti formali di sicura efficacia, fatta anche di fine misura compositiva, dove la seduzione classica – presente in questo autore molto attento ai suggerimenti della storia – si coniuga con una miriade di soluzioni plastiche, capaci di dare all’opera i lineamenti di riconoscibilità dentro un filone di coerenza che rimanda alla fonte, cioè a Vojc Sodnikar Ponis.
Lo spazio è concepito come un complemento necessitante dell’opera, che dentro quel contenitore ha modo di esaltare i dettagli “anatomici” e di innescare con la luce dell’ambiente un gioco di assorbenze e riflessi posti lì a costituire un ricco alfabeto di parole scritte nella solidità della materia. E talora dà l’idea di un flusso magmatico che si è rappreso e solidificato per un misterioso fenomeno di natura e fermato come alle soglie del dicibile, in quel punto di confine che separa il mondo fisico e lo spirituale.
Ogni parte dell’opera è una pagina scritta di emozioni affidate a ritmi e segni anche minimi, che accolgono in sé arguzie solo in parte narrative, impigliate nel reticolo di serialità incise che rendono formicolante il piano. È un complesso di alfabeti riconducibili alla struttura significante di codici poetici, che rimandano a un paesaggio mentale, emblema primario della vita dove asprezze e motivi di gioia si susseguono in un incalzare di eventi che, nel loro complesso, danno dignità e bellezza all’esistenza. Le caratteristiche della materia, mai perfettamente corrispondenti da brano a brano, offrono una resistenza variabile di fronte all’azione dello scultore che agiva per sottrazione; è per questo che la conoscenza della materia era aggiornata con una continua sperimentazione e approfondimento delle sue qualità e la ricerca aveva anche la finalità di monitorare le potenzialità da tradurre poi in un progetto creativo. La tecnica di attacco alla pietra procedeva su più direttrici dentro una poetica che alla materia richiedeva non solo forme e volumi ma anche segni che punteggiano le superfici, dove il gioco lucido/opaco crea una dialettica fra il concetto di riflesso e di assorbenza. Le sinuose rotondità dei corpi plastici inanellano una serie di movimenti di linee che dinamizzano le parvenze della scultura, talora dall’aspetto di un misterioso fossile che, in questo frangente, subiva un arrangiamento e una modificazione non dal tempo e dalle condizioni atmosferiche ma dallo scalpello di Vojc. In alcuni casi paiono conchiglie piovute dal cosmo a ritrarre nella forza del gesto e nella rilevanza della modellatura una presenza, adatta a testimoniare l’idea di un tempo remoto che apre orizzonti di conoscenza ai contemporanei.
Le tracce inscritte nelle superfici solitamente non fanno parte di un disegno narrativo, ma sono l’indizio di un’emersione intermittente di venature, attraverso cui l’artista fa “respirare” la pietra che, fuori dalla sua nuda evidenza fisica, reclama uno sguardo che la cataloghi come evento plastico; qui l’assonanza con un immaginario ancestrale si fonde con la logica della geometria, asservita a un progetto che trasforma la realtà lapidea in pulsante “presenza”, innestata in un contesto che può essere anche in combinazione di “dialogo” con altre sculture.
La Galleria Herman Pečarič contiene un repertorio abbastanza vasto, costituito anche da opere note solo ai visitatori del laboratorio di Vojc a Puče/Puzzole, una sorta di eremo che consentiva all’artista di pensare e realizzare le “creature” con cui idealmente colloquiava. Questo evento espositivo serve anche a tracciare la poetica anche ai visitatori che hanno minor consuetudine con i fatti della scultura; una visita lungo i molteplici percorsi proposti dalla rassegna apre un mondo ricco di sollecitazioni non solo estetiche, ma generoso di rilievi che inducono a sollevare lo sguardo oltre l’orizzonte della fisicità. E questo avviene anche grazie a corpi plastici che partono da forme e concetti usuali del quotidiano (cuscini, ciambelle, salamandra, vento) per lasciar trapelare numerose sfumature simboliche, interpretabili dalla sensibilità dell’osservatore con ricchezza di esiti potenziali.