13° Festival d’arte contemporanea e intermediale IZIS:
FINE DEL MESSAGGIO | 

Galleria Loggia, Capodistria, 17 ottobre – 2 novembre 2025 | 
Inaugurazione: 17 ottobre, ore 19:00 | 

Artiste e artisti: Sara Bezovšek e Dorijan Šiško, Sanela Jahić, PlateauResidue + Samo Kutin ed Enja Grabijan, Špela Petrič, Maja Smrekar | 

Curatrice: Irena Borić.

La tredicesima edizione del festival IZIS tematizza il rumore informativo ed esplora le (in)capacità di comunicazione nell’epoca del capitalismo della comunicazione. Si interroga su cosa accada al messaggio in mezzo alla massa di post-verità, disinformazione, fake news, ma anche di iperinflazione di immagini e contenuti generati dalle macchine, come i bot o l’intelligenza artificiale. Il festival si chiede: il messaggio inviato ha davvero un destinatario? E come, in un’epoca di circolazione frammentata e priva di senso delle informazioni, possiamo affrontare questioni urgenti e comunicare in modo diverso?

Il programma del festival IZIS 2025 si estende su vari luoghi a Capodistria – la Galleria Laggia, la Galleria del Palazzo Gravisi-Buttorai, la fortezza Bastion e due container navali. Questa edizione, spazialmente frammentata, che si svolge dal 17 ottobre al 2 novembre 2025, collega differenti sezioni del programma – intermediale, musicale e performativo – sottolineandone l’interconnessione concettuale e tematica.

Alla Galleria Laggia è allestita la mostra principale del festival, Fine del messaggio, che presenta le opere di Sara Bezovšek e Dorijan Šiško, Sanela Jahić, PlateauResidue + Samo Kutin ed Enja Grabijan, Špela Petrič e Maja Smrekar. La sigla standard End of Message (EOM), che indica la fine di un messaggio elettronico che non prevede risposta, funziona qui come metafora della comunicazione interrotta e priva di significato. Lo spazio del dialogo viene offuscato da un rumore di fondo sempre più intenso, e la mostra affronta così le molteplici dimensioni della comprensione e dell’incomprensione nei mondi non umani e più-che-umani.

Sara Bezovšek e Dorijan Šiško, con l’opera Black Box, illustrano la condizionalità ideologica e identitaria della comunicazione nella sfera digitale. Il formato del videogioco offre uno sguardo sulla paesaggistica memetica, in cui il giocatore può avanzare solo scegliendo tra diverse “pillole”, anche se la scelta non è necessariamente sua. Black Box rappresenta un estratto di un sistema in cui gli ingressi ideologici e identitari influenzano le reazioni in uscita.

Nell’epoca dell’intelligenza artificiale, il messaggio non è più necessariamente umano, così come la conversazione guidata non è più necessariamente interumana. Tuttavia, come rivela Sanela Jahić nel suo video No all’IA, sì a un apparato non fascista, le modalità di utilizzo dell’intelligenza artificiale come strumento tecnologico favoriscono un “passaggio verso l’autoritarismo, presente nell’industria tecnologica stessa, nella politica di vari Stati e istituzioni e nella crescita dei movimenti politici di estrema destra”. L’intelligenza artificiale, dunque, non è una tecnologia neutrale, ma è nuovamente condizionata da posizioni di potere ideologiche e identitarie.

Il foto-performans Spasm di Maja Smrekar mostra il corpo dell’artista in un abbraccio convulso con la macchina. Osservando il contrasto tra la pelle e la superficie metallica lucente, forse non ci accorgiamo che non stiamo guardando l’artista reale: il suo corpo è stato infatti scansionato da 234 telecamere, producendo una versione digitale iper-dettagliata. L’opera è un frammento di un video in lavorazione che affronta, tra l’altro, il tema della morte e l’illusione di superarla attraverso la tecnologia. Affrontando le incertezze umane e tecnologiche, il lavoro mette in luce come l’intelligenza artificiale possa generare vere e proprie allucinazioni.

Con un tocco di umorismo, Špela Petrič riflette in modo speculativo sulla possibilità di un dialogo tra piante e esseri umani. Partendo da una prospettiva antropocentrica, osserva le migliaia di stomi di un ficus come migliaia di “bocche”, interpretandone l’apertura e la chiusura tramite un esperto di lettura labiale e con l’aiuto dell’intelligenza artificiale. Il nonsense che deriva da questa interpretazione illustra i limiti della prospettiva umana nel tentativo di comprendere tali forme di comunicazione.

L’opera Anima Spirare, realizzata in collaborazione tra PlateauResidue, Samo Kutin ed Enja Grabijan, affronta anch’essa l’incapacità umana di comprendere i messaggi che sono costantemente presenti nell’ambiente. Anima Spirare significa “espirare” e richiama così l’idea di una fine, non solo linguistica. L’arpa eolica, la cui tavola armonica è costruita con legno di un abete di 6500 anni, rappresenta il messaggio del vento, che per l’uomo rimane al di là del tempo e della forma, un messaggio che può soltanto essere ascoltato.

Il Festival IZIS e sostenuto da:

PiNA, HEKA, Stran22, Comune Città di Capodistria, Ministero della Cultura, JSKD – Fondo pubblico della Repubblica di Slovenia per le attività culturali, Gallerie Costiere di Pirano, Comunità degli Italiani “Santorio Santorio” di Capodistria, Museo Provinciale di Capodistria, Università del Litorale – Facoltà di Scienze della Formazione, Arti visive e Design, KUD Format, STARTS4WATERII, V2 e Ljudmila.

Fine del Messaggio

“Le organizzazioni mediatiche più potenti del XXI secolo saranno termiche. La circolazione di immagini, suoni, video e testi dipenderà da un’estesa modalità di riscaldamento e raffreddamento. I dati e le reti, proprio come le persone che collegano, diventeranno sempre più fragili. Se farà troppo caldo o troppo freddo, le piattaforme crolleranno. L’infrastruttura digitale – data center, nodi di rete e cavi in fibra ottica – prosciugherà l’energia del pianeta per creare un ambiente termico stabile – non per le persone, ma per l’informazione.”

Nicole Starosielski, Media Hot and Cold, 2022

La 13ª edizione del festival IZIS tematizza il rumore informativo ed esplora l’(in)capacità di comunicare nell’era del capitalismo della comunicazione. Si interroga su cosa accade ai messaggi in mezzo alla massa di post-verità, disinformazione, fake news, nonché all’iperinflazione di immagini e contenuti generati dalle macchine, come bot o intelligenze artificiali. Come influenzano voci, pubblicità, raccomandazioni, video virali, filmati privati o pubblici provenienti da zone di guerra o immagini di catastrofi un messaggio che circola nello stesso spazio comunicativo? Forse tutto dipende dalla prospettiva da cui comprendiamo quel messaggio. Da un punto di vista umano, il contenuto è influenzato da fattori culturali, linguistici e sociali; per le macchine, invece, tutto è una questione di calcolo. Secondo uno dei primi modelli di comunicazione, il modello Shannon-Weaver, il rumore di fondo contestualizza l’informazione, e l’informazione stessa ha bisogno del rumore per essere trasmessa con successo. In altre parole, non esiste informazione senza rumore. Allo stesso tempo, ricevere un’informazione o percepirla non significa comprendere accuratamente il mondo esterno. Come osserva l’artista e scrittore Trevor Paglen, “/…/ il divario tra ciò che sentiamo e ciò che percepiamo può essere riempito da ogni tipo di iniezione diretta e allucinazione contraddittoria. La realtà diventa così un intreccio complesso di materiale, immaginario, percettibile e impercettibile – tutti elementi manipolabili.” Cosa accade al significato se il messaggio circola in un ambiente in cui i media, come scrive ancora Paglen, “/…/ producono e persuadono, modulano e manipolano, modellano visioni del mondo e azioni per convincerci di ciò che vogliono farci credere, traendone valore e influenza”?

End of Message (EoM) è l’etichetta standard che indica la fine di una comunicazione elettronica, un messaggio che non prevede risposta. Nell’ambito dell’edizione di quest’anno di ’IZIS, End of Message diventa una metafora della comunicazione interrotta, priva di senso e spezzata, che non accompagna il dialogo e non ha bisogno di un destinatario per esistere.

La proliferazione infinita di contenuti che forse non raggiungeranno mai il destinatario illustra la sottomissione della comunicazione alla logica economica: la quantità prevale sulla qualità. La rappresentazione meccanica coinvolge tutti – dall’essere umano al bot fino all’intelligenza artificiale generativa – e allo stesso tempo l’uno imita l’altro, senza sapere chi stia realmente parlando con chi. In questo ambiente iper-profittevole, si percepisce la putrefazione del cadavere di Internet, che si adatta alle priorità delle singole piattaforme e influenza la formazione della soggettività digitale. Sebbene siamo pienamente consapevoli delle immagini del genocidio in Palestina, l’azione politica per impedirlo è paralizzata, e l’informazione esiste solo come dato, non come impulso all’azione. Come scrive l’artista e autore James Bridle nel libro New Dark Age: “/…/ informazione e violenza sono completamente e indissolubilmente legate, e le tecnologie che dovrebbero esercitare controllo sul mondo accelerano l’uso dell’informazione come arma. Sebbene le conseguenze siano visibili ovunque, continuiamo ad attribuire un valore eccessivo all’informazione, che ci imprigiona in cicli ripetuti di violenza, distruzione e morte.

In modo ironico, le conseguenze materiali dell’infrastruttura della comunicazione minacciano le condizioni fondamentali della vita, proprio perché la sfera dei dati e delle informazioni si basa sul tempo e spazio astratti del capitale. L’accesso a un’energia a basso costo non solo presuppone la possibilità di conflitti interpersonali, ma produce anche enormi emissioni di carbonio, inquinamento, rifiuti digitali ed elettronici, e estrazione di materie prime. Pertanto, l’“End of Message” affrontato dal festival contiene anche una dimensione materiale, quella che rende possibile il messaggio stesso. Questa volta, non si concentra sulle condizioni materiali della produzione di informazione, ma dispiega differenti modalità di comprensione e comunicazione da prospettive umane e multi-umane.

Irena Borić, curatrice di IZIS

Riferimenti:

James Bridle, New Dark Age. Technology and the End of the Future (Verso, 2018).

Rosa Menkman, The Glitch Moment(um) (Institute of Network Cultures, 2011).

Trevor Paglen, “Society of the Psyop, Part 2: AI, Mind Control, and Magic,” e-flux Journal, n. 148, ottobre 2024.

Trevor Pagelan, “Society of the Psyop, Part 3: Cognition and Chaos," e-flux Journal, no. 149, novembre, 2024.

Hito Steyerl, Medium Hot: Images in the Age of Heat (Verso Books, 2025).

NUOVO ORARIO DURANTE LA MOSTRA:

  • Lunedì–venerdì: 16.00–20.00
  • Sabato e domenica: 10.00–13.00, 17.00–20.00

VISITE GUIDATE:

  • 18 ottobre alle 11.00, Galleria Loggia
  • 24 ottobre alle 17.00, Galleria Loggia
  • 31 ottobre alle 17.00, Galleria Loggia