NEŽKA ZAMAR: (UN)TRUSTED SOURCE; A SERIES OF INVISIBLE PRACTICES |
Installazione spaziale | Galleria Loggia Capodistria, 8.02.2024 – 5.05.2024 |

Inaugurazione: Giovedì, 8.02.2024, alle ore 18.00

Nežka Zamar (1990, Šempeter pri Goric) è una promettente artista interdisciplinare che si è diplomata all'Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2013. Ha continuato i suoi studi in Arti Visive (programma Erasmus) presso la Mimar Sinan Güzel Sanatlar Üniversitesi di Istanbul, Turchia, e ha conseguito il master all'Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2018. Dal 2012 ha partecipato a numerose residenze e ha preso parte a diversi progetti, tra cui il padiglione dell'Albania alla Biennale di Architettura di Venezia (2016). Finora ha presentato le sue creazioni in mostre collettive e personali internazionali in Slovenia, Italia, Austria, Germania, Slovacchia, Albania, Stato di Palestina, Lettonia, Serbia e Stati Uniti. Vive e lavora tra Vienna e Venezia.

Tutti i progetti di Nežka Zamar sono il risultato di ricerche e di diverse interpretazioni delle proprie risposte agli eventi contemporanei, all'auto interrogazione e allo spostamento dei confini dell'identità e dell'individualità. Li realizza attraverso pratiche artistiche contemporanee, a seconda dello spazio in cui vengono collocati. Tutto ciò si riflette anche nell’installazione spaziale e nella performance dal titolo significativo (Un) Trusted Source, A Series of Invisible Practices presso la Galleria Loggia di Capodistria. Il progetto è vincitore della call pubblica PORTE APERTE indetta dalle Gallerie Costiere di Pirano nel 2023. 

(Un) Trusted Source, A Series of Invisible Practices è un progetto interdisciplinare basato sul tempo.

Ciascuno dei suoi capitoli inizia con una ricerca on site, si conclude con un'installazione spaziale documentaria, e si concentra sul processo artistico che si verifica tra le due fasi confinanti.

Seguendo questa struttura, i capitoli affrontano in maniera indipendente una serie di specifici problemi geopolitici riflessi in microfenomeni, utilizzando la performance come principale linguaggio artistico. Operando collettivamente, affrontano il concetto generale e multistrato di rappresentazione e la relazione della percezione con quest’ultima.

L'opera trae spunto dalla rappresentazione come concetto nella teoria dell'arte per rapportarla nella società, in un interspazio in cui il concetto e il mezzo diventano intercambiabili attraverso un approccio transdisciplinare.

In (Un) Trusted Source, A Series of Invisible Practices, la performance come mezzo funge da intersezione strutturale. Intrinsecamente legato alla ricerca e alla documentazione, all’esordio e all'esito, abbandona il ruolo di protagonista, e si sviluppa dietro le quinte.

Derivante da indicatori quotidiani di discriminazione, gli atti performativi suddivisi in capitoli si pongono in dialogo con l'ambiente, sfidando le infondate discrepanze valoriali nella società. Gli atti performativi vengono eseguiti all'esterno del ‘cubo bianco’ e in risposta diretta all'ambiente circostante. Quello a cui siamo abituati a percepire come valore artistico – che verrebbe probabilmente accantonato come atto performativo per un atto della routine quotidiana – si perde nella traduzione.

(Un) Trusted Source, A Series of Invisible Practices infine interagisce con il pubblico attraverso la presentazione finale di installazioni spaziali indipendenti. Seppur composto da frammenti probatori funzionanti come saggi tridimensionali, le installazioni non riescono a fornire un collegamento diretto che dimostri il reale avvenuto della prestazione.

Esistendo nel vuoto causato dalla mancanza di rappresentanza, questo progetto indugia tra finzione e realtà, ed è proprio in questo spazio che ci si interroga su come interpretiamo gli eventi in base alla loro rappresentazione.

La mostra sfida il pubblico a interrogarsi sull'importanza che diamo a ciò che accade in base a come è stato rappresentato e da chi è stato raffigurato.